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GU & GY :: Lectures  | Marzo 2024

Avelumab: le evidenze cliniche aggiornate nel carcinoma uroteliale

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Veronica Prati
A cura di

SOC Oncologia Medica, Ospedale Michele e Pietro Ferrero-Verduno, Azienda Sanitaria Locale CN2, Alba-Bra

Il panorama terapeutico del carcinoma uroteliale metastatico ha subito un importante cambiamento con l’introduzione di diversi nuovi farmaci, in particolare immunoterapici, terapie targeted e anticorpi coniugati. I risultati dello studio JAVELIN Bladder 100, presentati per la prima volta al congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) 2020, hanno cambiato il trattamento dei pazienti affetti da carcinoma uroteliale metastatico, introducendo avelumab come terapia di mantenimento.

Lo studio ha arruolato 700 pazienti affetti da tumore uroteliale metastatico liberi da progressione di malattia dopo 4 o 6 cicli di terapia di prima linea a base di platino. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere il trattamento di mantenimento con avelumab in associazione alle terapie di supporto versus le sole terapie di supporto utilizzate nella pratica clinica. Lo studio ha raggiunto l’obiettivo primario, con una riduzione del rischio di morte del 31% nei pazienti che hanno ricevuto la terapia di mantenimento con avelumab. La sopravvivenza mediana nel braccio con avelumab è stata di 21,4 versus 14,3 mesi nel braccio con sola terapia di supporto. A un follow-up di più di due anni, avelumab ha confermato i dati di efficacia, con una riduzione del rischio di morte del 24% e con circa il 50 % dei pazienti vivi a 24 mesi. Il trattamento con avelumab, inoltre, ha mostrato un profilo di tossicità maneggevole e non ha portato a un peggioramento della qualità di vita, neanche nei pazienti che hanno ricevuto il farmaco per più di un anno, rivoluzionando il trattamento della malattia metastatica.

Al recente Genitourinary ASCO Symposium sono stati presentati alcuni aggiornamenti dello studio JAVELIN Bladder e alcuni studi di real world, tra cui lo studio italiano READY. I risultati di real world presentati confermano l’efficacia e la sicurezza del trattamento di mantenimento con avelumab dopo una prima linea a base di platino e possono colmare il divario presente tra gli studi clinici randomizzati e la reale pratica clinica, supportando i clinici nella scelta del trattamento.